«Speravo che la sentenza fosse pronunciata oggi, ma per Giulia sopporto tutto, anche un rinvio». Tanto dolore nella voce e negli sguardi di Loredana Femiano, la mamma di Giulia Tramontano, ventinovenne incinta al settimo mese, brutalmente trucidata (come ha detto la pm Alessia Menegazzo di Milano) nella sua abitazione di Senago da Alessandro Impagnatiello, trentenne ex barman compagno della donna e padre del nascituro.
Loredana insieme a papĂ Franco al fratello di Giulia, Mario, e alla sorella Chiara hanno partecipato all’ultima udienza prima della sentenza del processo a Impagnatiello, fissata per il 25 novembre, con una spilla che ritrae la bellissima Giulia incinta al mare appuntata sugli abiti. Un simbolo del proprio dolore e della speranza nella Giustizia. La Presidente della Corte d’Assise di Milano Antonella Bertoja, la stessa che condannò Bossetti per l’omicidio di Yara, ha ascoltato con attenzione le oltre due ore di requisitoria dei pm Alessia Menegazzo e Letizia Mannella. Ergastolo con isolamento diurno per 18 mesi all’ex barman dell’Armani Cafè è stato chiesto dopo che in aula sono stati rivissuti i lunghi mesi della sofferenza di Giulia in un vero e proprio viaggio ell’orrore. «Nel suo costrutto personologico concorrono in una triade oscura il narcisismo, la psicopatologia maligna e la manipolazione – ha chiosato il pm – non facciamoci manipolare anche noi, non fatevi manipolare anche voi, giudici, lui non ha empatia e non si scusa nè si pente». In riferimento all’amante che aveva aiutato Giulia a disvelare le bugie patologiche e i tradimenti proprio nel giorno del delitto, la pm ha ribadito: «Non sappiamo cosa sarebbe accaduto, ma non possiamo escludere che avrebbe fatto del male anche a lei. I periti lo hanno detto: quel tipo di soggetti è seriale». Parole pesanti come pietre quelle che i genitori hanno dovuto riascoltare quando la pm ha ricostruito il delitto, la premeditazione e l’avvelenamento con il topicida di Giulia, i tentativi di distruggere il cadavere bruciandolo, le menzogne manipolatorie dette dall’imputato a chiunque, persino ai suoi, l’occultamento e il tentativo di negare fino alla fine. «La confessione è arrivata solo quando gli sono state messe le prove davanti ed è stata anche menzognera. Tutto quello che ci ha detto era menzogna. Lui aveva premeditato e studiato tutto, aveva anche preparato la scena del crimine».
Si è associato alle richieste dei Pm l’avvocato di parte civile Giovanni Cacciapuoti che citando i latini ha sottolineato le menzogne e anche il movente economico del delitto: «Lui uccide Giulia e il bambino perchĂ© non può permettere che quel nascituro rovini i suoi piani e soprattutto la vita da vip e al di sopra delle possibilitĂ che faceva».
La difesa sostenuta da Giulia Geradini e Samanta Barbaglia ha chiesto il minimo della pena puntando sulla difficoltĂ di dimostrare la premeditazione e le altre aggravanti (futili motivi e crudeltĂ ). Ben 37 coltellate di cui 11 sferrate quando era viva secondo loro non configurano la crudeltĂ e piĂą che di premeditazione di preordinazione si può parlare. «Lui ha agito solo quando ha capito che era stato “sputtanato” dalle due donne, ma non usava il veleno per uccidere Giulia, voleva solo eliminare il feto fino alla fine».
La sentenza è slittata al 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne. Un caso? Poco importa, di sicuro questa sentenza sarà fondamentale per tutte le donne e soprattutto per chi ha amato Giulia.