DI DOMENICO MUSICCO
Il coronavirus ha messo in luce non solo la fragilità del sistema sanitario italiano nel far fronte all’emergenza (abbiamo il numero più alto di morti nel mondo), ma anche una classe dirigente che non è in grado di riconoscere i meriti a chi sta affrontando una vera e propria guerra. Sul campo sono morti ad oggi 94 medici e 26 infermieri. Gli operatori sanitari contagiati sono 12681. Molti di costoro si sono trovati al fronte senza poter usufruire di adeguati dispositivi di sicurezza come le mascherine, delle quali incredibilmente l’Italia non aveva una riserva. Rischiano la vita ogni giorno. La loro e quella dei propri famigliari con cui convivono: coniuge, genitori, figli. I governanti, nazionali e locali, li chiamano giustamente eroi. Usano parole di elogio, li osannano. Peccato che tutto il ringraziamento si fermi qui. Alle parole. Mi riferisco in particolare alla categoria degli infermieri. Ne conosco personalmente diversi che, da quando si è diffusa la pandemia, lavorano su turni massacranti di undici-dodici ore e che, al rientro a casa, non possono nemmeno vedere i figli piccoli, affidati prudentemente ai nonni. Li salutano da lontano, quando riescono, quando non fanno rientro nell’abitazione a notte fonda. Le immagini dei volti rigati dalla mascherine ormai le abbiamo viste tutte. Abbiamo imparato ad ammirarne l’abnegazione e il senso del sacrificio. Abbiamo capito finalmente cosa vogliano dire quando ci spiegano che il loro non è un lavoro, ma una missione. Ed è la ragione per la quale si resta indignati quando si viene a sapere come vengano trattati. Lo stesso Stato che li saluta come eroi, li sta mandando incontro a tutti questi rischi (e non si dimentichi chi è purtroppo morto) riconoscendo un’indennità netta di 3,50 euro al giorno. Una cifra che, spalmata sul turno, fa più o meno 30 centesimi l’ora. Si tratta di un’elemosina ridicola. Il contratto nazionale degli infermieri, certo prevede questo. Ma non prevede la straordinarietà . Il governo, un decreto dietro l’altro, ha pensato ai prestiti senza garanzia come forma di aiuto alle imprese. Ha previsto blandi ammortizzatori sociali per talune categorie di persone. Tuttavia, proprio a chi è a più diretto contatto con il morbo, con il dolore dei pazienti e dei loro famigliari, ovvero agli infermieri, non è stato nemmeno paventato un bonus, un una tantum per ripagarli degli sforzi compiuti. Ha lasciato e sta lasciando che queste persone si mettano in pericolo per conto del sistema sanitario nazionale, senza andare loro incontro con una minima gratifica, facendo in modo che l’indennità anche per affrontare questo evento unico nella storia della Repubblica, sia costituita dall’umiliante elemosina di 30 centesimi l’ora. Il tutto dopo aver lasciato molti di essi senza le adeguate protezioni. Io credo che questo sia uno dei grandi scandali inerenti la gestione dell’emergenza. Uno scandalo cui va posto immediatamente un rimedio. Avisl Onlus, così come si batte per gli episodi di malasanità , resterà sempre al fianco degli infermieri, pronta a portarne avanti le istanze.