La Procura di Roma ha respinto la richiesta di patteggiamento a 2 anni e 6 mesi (e sospensione della pena) per Pietro Genovese, il figlio del noto regista Paolo, che lo scorso 22 dicembre investì in corso Francia le due 16enni Camilla Romagnoli e Gaia Von Freymann. Il pm Roberto Felici ha ritenuto che non possano essere concesse le attenuanti chieste dai legali per la giovane età , soprattutto per la condotta di vita del ragazzo. Scrive il magistrato: «Dovendo in particolare valorizzarsi negativamente, oltre alla condizione di assuntore di droghe leggere, il fatto che lo stesso fosse incorso in ripetute trasgressioni al codice della strada, tanto da vedersi azzerato il proprio bagaglio di punti patente»Altro elemento che ha inciso sul parere negativo dell’accusa è l’entità del risarcimento, che peraltro non dipende da lui: «Quanto all’offerta di risarcimento (che comunque sarebbe a titolo di acconto), si osserva che il contratto assicurativo non risulta essere stipulato dall’imputato, per cui l’intervento risarcitorio non sarebbe a lui ricollegabile».Nell’incidente di Ponte Milvio una perizia in 3D aveva stabilito un concorso di colpa: Genovese sarebbe passato con il verde, ma a forte velocità e con un tasso alcolemico elevato. Mentre le vittime non avrebbero attraversato sulle strisce. Successivamente la polizia postale aveva ipotizzato che al momento dell’impatto l’automobilista stesse mandando 4 foto e un video via Whatsapp. Un fatto che, per essere molto chiari, non costituisce un’aggravante nell’omicidio, ma aiuta a capire a fondo la dinamica di quanto successo. Non posso che condividere la decisione della Procura, ma devo dire che ero rimasto stupito dalla richiesta della difesa ad un patteggiamento del genere per duplice omicidio stradale. E non solo per i trascorsi di Genovese alla guida, ma perché è stata presentata come se la nuova legge non fosse mai entrata in vigore. Una richiesta di questo genere, ad una pena tanto bassa e senza passare dal carcere, non può che esacerbare gli animi nel procedimento. Denota infatti una mancata assunzione di responsabilità nell’incidente da parte di chi era alla guida, pur essendoci respsonsabilità già accertate come l’alcol in corpo e la velocità . Se ad essi aggiungiamo i punti azzerati della patente nel corso della sua brevissima vita al volante, la richiesta di patteggiare 2 anni e 6 mesi risulta ancor meno comprensibile. Come Avisl Onlus, l’associazione che presiedo, siamo stati tra i primi a batterci per far nascere la legge sull’omicidio stradale, una legge che può finalmente dare giustizia alle vittime. E da tempo chiediamo che anche la guida al cellulare costituisca un’aggravante, dato l’enorme numero di incidenti provocati da chi telefona mentre è al volante. Altresì siamo contro la possibilità di chiedere il patteggiamento per fatti tanto gravi, che si sarebbero evitati semplicemente utilizzando un minimo di prudenza. Invece ci troviamo di fronte a due ragazze di appena 16 anni uccise. E ad un altro, che pure le ha investite con un tasso alcolemico nel sangue superiore alla norma, che rischiava di non fare nemmeno un giorno di prigione. Per fortuna un pm responsabile ha respinto la sua richiesta. Purtroppo non va sempre così. E non possiamo affidarci soltanto al buonsenso di un pubblico ministero o di un giudice: ci vuole una legge che il patteggiamento lo impedisca nero su bianco.