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Strage di Erba, la Cassazione chiude: la revisione è inammissibile

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Sono state appena pubblicate le motivazioni della sentenza di Cassazione riguardo al ricorso dei difensori di Rosa Bazzi e Olindo Romano, condannati all’ergastolo per la Strage di Erba, ricorso contro la decisione della Corte d’Appello di Brescia di non ammettere la revisione del processo presentata dalla difesa dei coniugi Romano.
Punto per punto riportiamo fedelmente dal documento i motivi della decisione che sancisce come granitica oltre ogni ragionevole dubbio la sentenza di condanna dei due coniugi che nella serata del 11 dicembre 2006 nella Corte di via Diaz uccisero Raffaella Castagna, la mamma Paola Galli, il piccolo Youssef Marzouk e la vicina Valeria Cherubini e ferirono gravemente Mario Frigerio, testimone oculare che riconobbe Olindo Romano come aggressore.
(…) Sulla scorta delle dichiarazioni confessorie i fatti sono stati ricostruiti secondo le linee generali riepilogabili come segue: quella sera Romano si trova all’interno della corte comune di Via Diaz 25, quando nota farvi ingresso Raffaella Castagna che conduce l’auto del padre, con a bordo la madre e il figlio. Romano e Bazzi, che nel frattempo lo ha raggiunto, indossano guanti di tela bianca, si muniscono di una spranga di ferro e di coltelli, quindi irrompono nell’abitazione dei coniugi Castagna-Mazouk. Romano, trovatosi al cospetto di Raffaella Castagna, la colpisce immediatamente con la spranga, poi si avventa contro Paola Galli; Rosa Bazzi uccide il bambino, quindi insieme “finiscono” le due donne e appiccano il fuoco.
Nell’’uscire dall’appartamento, Romano si imbatte nei coniugi Cherubini-Frigerio che stanno scendendo le scale, provenendo dalla loro abitazione sita al piano superiore; cerca di evitarli, chiudendo la porta, ma è costretto a riaprirla a causa del fumo che si va diffondendo, cosi li affronta, impugna la spranga e la sferra contro Mario Frigerio, poi lo ferisce alla gola con un coltellino che tiene in tasca; la Bazzi colpisce ripetutamente Valeria Cherubini con il coltello, lo stesso fa Romano dopo aver lasciato a terra Frigerio. Conclusa l‘azione, i due si recano nel locale lavanderia (comune a tutti gli abitanti della corte di via Diaz 25), si lavano, si cambiano, ripongono strumenti, vestiario, scarpe e il tappeto su cui si sono cambiati in un sacco, si allontanano a bordo della Seat Arosa di Romano, si dirigono verso il cimitero di Longone, vicino al quale si trova un lavatoio; li si puliscono delle residue tracce, quindi dividono la spazzatura in vari sacchetti che smaltiscono in diversi cassonetti, la cui ubicazione è nota a Romano grazie all’attività di operatore ecologico da lui svolta.
Nel proprio interrogatorio Rosa Bazzi specifica che:
– Raffaella Castagna si era difesa morsicandole un dito e lottando con lei (aveva ancora la ferita fresca la notte tra I’11 e il 12 dicembre in cui viene svegliata dai carabinieri);
– era stata lei sola ad aggredire il bambino;
– lo aveva bloccato, comprimendogli la mano destra sul volto, in modo tale da spingere indietro la testa, cosi da scoprire il collo e lei (mancina) gli aveva inferto, con la mano sinistra, la coltellata mortale (mimava un gesto che andava da sinistra a destra);
– sulle scale Romano si era subito avventato su Mario Frigerio, mentre lei aveva colpito ripetutamente Valeria Cherubini sferrando, tra l’altro, una coltellata dietro la coscia della donna, facendola cadere a terra.
Giunti a processo, però, gli imputati si proclamano innocenti, sostenendo, con brevi dichiarazioni, che la mattina del 10 gennaio 2007 erano stati indotti a confessare crimini mai commessi dietro la falsa prospettazione di fortissimi sconti di pena, di incontri più frequenti durante il regime carcerario e dell’impunita di uno dei due. La ritrattazione viene ritenuta inattendibile dai giudici della cognizione.
Come dà conto la sentenza della prima sezione della Corte di cassazione — che ha reso definitiva la condanna degli odierni ricorrenti (n. 33070 del 3 maggio 2011) — numerosi sono i dati intrinseci ed estrinseci a conferma della genuinità delle confessioni.
Si tratta di dichiarazioni spontanee, non indotte; gli imputati non si sono mai lamentati di aver subito pressioni nel corso delle indagini (anzi hanno riconosciuto la correttezza degli inquirenti), se non dopo il cambio di strategia difensiva.
I racconti confessori, oltre a riscontrarsi reciprocamente, sono arricchiti da una serie di particolari (non emergenti aliunde) molto significativi, soprattutto perché alcuni di essi possono essere noti soltanto agli autori delle condotte:
– il fatto che le vittime fossero arrivate a bordo dell’auto del padre di Raffaella Castagna, anziché della Panda che la donna era solita usare;
– la posizione finale del corpo delle vittime (in base ai primi rilievi, che avevano avuto eco nella stampa nazionale, Raffaella Castagna sembrava essere deceduta sul pianerottolo dove era stato trovato il corpo, mentre soltanto in un secondo momento si appurerà che il cadavere della donna era stato trovato all’interno del suo appartamento da Glauco Bartesaghi che lo aveva trascinato fuori nel tentativo di sottrarlo alle fiamme);
– I’utilizzo di due cuscini effettivamente rinvenuti dagli inquirenti accanto ai corpi di Castagna e Galli;
– le modalità attraverso cui è stato appiccato il fuoco all’interno dell’appartamento della Castagna (l’incendio fu innescato nella camera da letto matrimoniale e nella cameretta del bambino, accumulando e dando fuoco ai libri e al contenuto dei cassetti);
– la dinamica e il luogo dell’aggressione contro i coniugi Frigerio (sul pianerottolo del primo piano e lungo il vano scale). L’ultima circostanza riceve ulteriore conforto non solo dal posto in cui i soccorritori hanno trovato Mario Frigerio, gravemente ferito, ma anche dal rinvenimento di parte della protesi dentaria di Valeria Cherubini sul pianerottolo del primo piano e di tracce del sangue della Cherubini sul giubbotto di Raffaella Castagna (sicuramente rimasto al primo piano), sul muro, attorno alla porta di ingresso dei Castagna e sui triciclo accanto a quell’ingresso; nonché dal colpo di coltello (riscontrato dalla ferita da taglio rilevata in sede di esame autoptico) che la Bazzi racconta di aver sferrato alla coscia di Valerla Cherubini mentre quest’ultima tentava di sottrarsi all’aggressione risalendo le scale.
Dati oggettivi, pienamente consonanti con le dichiarazioni ammissive (poi ritrattate), provengono dalla consulenza medico legale, che acclara:
– che il bambino aveva riportato due ferite da punta e da taglio di cui una superficiale in zona sternoclaveare destra e un‘altra mortale in sede sottomandibolare, con incisione della carotide, provocata da un colpo sferrato da sinistra verso destra proprio come mimato da Rosa Bazzi;
– che sul volto del piccolo erano presenti escoriazioni compatibili — per tipologia, dimensioni e posizione — alla pressione esercitata con le cinque dita della mano destra dell’aggressore;
– che Raffaella Castagna e la madre sono state colpite al capo da un corpo contundente, con una forza tale da frantumare il tavolato osseo; che entrambe presentavano una ferita da “scannamento” e molte altre ferite da punta e taglio – soprattutto al capo e al collo, oltre che tra il torace e I’addome – più superficiali, senza interessamento di organi profondi e che, considerato il tramite, potevano essere state sferrate da un aggressore mancino fronteggiante le vittime;
– che la Cherubini aveva subito lesioni traumatiche con lo stesso corpo contundente impiegato per colpire le altre due donne e presentava anche lei una ferita da scannamento, prodotta dalla stessa arma usata per le altre vittime.
Fonte autonoma, dotata di rilevante forza probatoria, è costituita dalla testimonianza di Mario Frigerio, il quale — sentito in dibattimento, nel contraddittorio delle parti, sottoposto a serrato controesame — ha indicato senza titubanza in Qlindo Romano, suo vicino di casa, I’autore dell’aggressione ai suoi danni. La dinamica del fatto narrata dal testimone coincide esattamente con quella riferita dagli imputati in sede di interrogatorio.
Nel medesimo senso depone la traccia ematica riferibile a Valeria Cherubini rinvenuta sul battitacco della autovettura di Romano.
I giudici della cognizione hanno evidenziato, inoltre, ulteriori elementi di conferma della riconducibilità del fatto agli imputati:
– Olindo Romano era in possesso delle chiavi per aprire il portoncino di ingresso nella palazzina dei Castagna (portoncino che “a volte era aperto e a volte no”);
– nessuna delle possibili vie di fuga (quali ad es. il terrazzo di casa Castagna) è stata usata dagli autori del crimine, perché altrimenti si sarebbe evitato lo scontro con i coniugi Frigerio;
– mancavano tracce di fuga degli autori del reato al di fuori della corte, mentre vi erano tracce del sangue della Cherubini sulla maniglia del portoncino e sull‘ultima rampa di scale verso l’uscita dallo stabile;
– ciò significava che, al termine dell’aggressione, gli autori della strage erano sporchi del sangue delle vittime e avevano avuto la possibilità di lavarsi all’interno dei locali della corte medesima;
– persone estranee, ignote ai coniugi Frigerio, non avrebbero avuto motivo per scagliarsi contro la coppia, mentre I’aggressione si spiegava con la necessita per gli imputati, noti ai due testimoni involontari, di impedirne il riconoscimento, come, del resto, rivela Romano, quando accusava i Frigerio di non essersi “fatti i fatti loro”;
– diversamente dal solito, quella sera Romano aveva lasciato la vettura all’esterno del cortile;
– quella sera, fin dalle ore 17,45, si era verificata una interruzione di energia elettrica in casa Castagna dovuta al distacco manuale del contatore (operazione questa di cui Romano si assunse la paternità e che doveva servire per costringere la Castagna, una volta rientrata in casa, a riaprire la porta per recarsi a riattivare il contatore sito al piano terreno).
Si è assegnato, inoltre, significativa valenza al movente, rivelato dagli stessi imputati, rappresentato dalla insofferenza verso le pretese angherie patite ad opera della famiglia Marzouk-Castagna e consegnato alle parole vergate da Olindo Romano nella lettera inviata nell’aprile 2007 al sacerdote padre Bassani: “Non ci siamo ancora resi conto di ciò che abbiamo fatto. Il perdono, il pentimento, si contrappongono all‘odio e alla rabbia, alle umiliazioni subite in questi anni, la nostra colpa, la responsabilità di chi poteva evitare tutto questo e non lo ha fatto”; movente che trovava effettiva corrispondenza nella conflittualità tra i due nuclei familiari, anche considerato che, di lì a pochi giorni, i coniugi Romano-Bazzi avrebbero dovuto presentarsi avanti al giudice di pace, a seguito di querela sporta a loro carico da Raffaella Castagna per lesioni ed ingiurie.

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Laura Marinaro
giornalista professionista e scrittrice specializzata in cronaca nera e giudiziaria con master in scienze forensi e sopralluogo sulla scena del crimine ha pubblicato Yara Autopsia di un'indagine (Mursia) e il romanzo giallo Maremoto a Varigotti (Mursia)
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