“Toghe e feluche”, questo il libro di Massimiliano Filiberti, maresciallo in pensione ex comandante a Rozzano, dedicato alla parte “scomoda” del meccanismo che regola la collaborazione tra Arma e Magistratura. Un libro che non fa sconti a nessuno quello del maresciallo, Nome in codice, «Chimico», investigatore vecchio stampo che ha battuto le piste della malavita organizzata prima che diventasse famosa e che racconta con devozione i suoi esordi in via Moscova, alla scuola di sottufficiali di una volta e al rapporto con gli ufficiali, quelli “buoni” e quelli che lasciano a desiderare a suo dire. Per lui l’Arma degli ufficiali oggi è fatta di “carriere costruite in ufficio”, mentre quella vissuta da lui – e ci permettiamo di dire esiste ancora eccome –  è quella che sa come fiutare una traccia, arruolare confidenti, tirare le fila.
Nel libro – che verrĂ presentato dalla giornalista Raffaella Fanelli alla Biblioteca Chiesa Rossa di Milano il prossimo 16 maggio alle 18.30 – Filiberti racconta della caccia a bande di rapinatori , al pedinamento di Mario Savio, «Marittiello o’Bellillo», ras dei quartieri spagnoli di Napoli arrivato a conquistare Milano, o di boss come Chicco Pagani. Il maresciallo racconta la trattativa sottobanco che portò alla liberazione di Alessandra Sgarella, l’ultimo ostaggio milanese dell’Anonima sequestri. Ha parole di devozione verso Mario Mori che hanno pagato con processi infiniti la battaglia contro la mafia. E poi ci sono i magistrati della Procura di Milano che secondo l’ex sottufficiale non leggono neanche i rapporti, che rifiutano di arrestare, che rispediscono indietro gli appunti non graditi o che rimandano gli impegni di lavoro durante il turno esterno…
Nel testo comunque che sta creando un certo imbarazzo nell’Arma milanese l’umanitĂ dietro la divisa, descrivendo i dilemmi morali e le scelte difficili che si presentano nel corso delle indagini